I limiti alla pignorabilità dei crediti a seguito del Decreto Aiuti bis

Quali sono i limiti alla pignorabilità dei crediti a seguito del Decreto Aiuti bis?

Vi sarete chiesti molte volte cosa può fare un creditore per riscuotere un proprio credito. Ebbene, ci sono dei crediti che sono impignorabili, ossia non possono essere aggrediti da un creditore. Oggi, a seguito delle recenti modifiche apportate dal c.d. Decreto Aiuti Bis, facciamo una panoramica dei limiti alla pignorabilità dei crediti.

Ma quali sono i crediti impignorabili?

Per comprendere quali sono i crediti impignorabili, è bene innanzitutto partire dal codice di procedura civile, e in particolare dall’art. 545 c.p.c., denominato appunto “crediti impignorabili”:

Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.

Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.

Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato.

Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito.

Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette.

Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.

Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge (modificato recentemente dall’art. 21 bis DL 115/2022).

Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio”.

Cosa si intende per crediti alimentari e sussidi?

Il primo caso di crediti impignorabili è quello dei crediti alimentari. I crediti alimentari sono pignorabili solo per causa di alimenti previa autorizzazione del giudice e nella misura da lui determinata con decreto. Ne consegue che i crediti alimentari sono impignorabili a meno che non debbano, a loro volta, soddisfare un credito alimentare. In sostanza i crediti alimentari godono di una impignorabilità relativa, sia perché possono essere aggrediti solo per soddisfare crediti della stessa natura, sia perché presuppongono il provvedimento autorizzativo del giudice.

Assolutamente impignorabili sono, invece, i crediti di cui all’art. 545, 2° co. (sussidi di povertà, maternità o funerali): si tratta di crediti di natura vitale che affondano le loro radici in stati di bisogno notevolmente più intensi, in certi casi, di quelli puramente alimentari di cui sopra. Sul tema dei crediti assolutamente impignorabili, è intervenuta recentemente anche la Consulta, la quale non ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità dell’art. 545, 4° co., nella parte in cui non prevede come assolutamente impignorabile quella parte di retribuzione che occorre al lavoratore per soddisfare le esigenze indispensabili della sua vita ( C. Cost., ord., 5.4.2016, n. 70); la decisione conferma l’orientamento che reputa infondata la questione di legittimità in relazione ai crediti derivanti da rapporto di lavoro o di impiego, che sono di norma pignorabili nella misura del “quinto”, mentre, per quel che riguarda gli emolumenti da pensione, pur nel rispetto del predetto limite, deve essere considerato esclusa la parte necessaria a soddisfare le esigenze minime di vita del pensionato ( C. orientamento confermato da Cost., ord., 28.4.2017, n. 91).

Inoltre, ai sensi dell’art. 128, R.D.L. 4.10.1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella L. 6.4.1936, n. 1155, e degli artt. 1 e 2, 1° co., D.P.R. 5.1.1950, n. 180, quali risultanti a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della  C. Cost. 4.12.2002, n. 506, è assolutamente impignorabile, con le eccezioni previste dalla legge per i crediti qualificati, la parte della pensione, assegno o indennità necessaria per assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze di vita (c.d. “minimo vitale”), mentre è pignorabile nei soli limiti del quinto – ex art. 545, 4° co. – la parte residua ( C. 18755/2013).

 Con l’entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, efficace dal 1° dicembre 2009, tuttavia, è ancora più marcato il fine di garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita (art. 38 Cost.), tanto che la Suprema Corte ritiene il pignoramento della pensione eseguito oltre i limiti consentiti radicalmente nullo per violazione di norme imperative. Nullità che è rilevabile d’ufficio senza necessità di un’eccezione o di un’opposizione da parte del debitore esecutato ( C. 6548/2011).

Dunque cosa succede se lo stipendio viene pignorato? Quale parte del credito non è pignorabile?

Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate, per crediti alimentari, nella misura autorizzata dal giudice e, per altre cause, in misura non superiore al quinto ( art. 543, 3° e 4° co.).

Per procedere al pignoramento delle retribuzioni al fine di ottenere la soddisfazione di un credito alimentare occorre la preventiva autorizzazione del presidente del tribunale (o di un giudice delegato) se si intende superare la misura di un quinto; d’altra parte, il limite entro il quale può essere autorizzato il pignoramento delle retribuzioni per crediti alimentari è da ritenersi pari alla metà della retribuzione, dal momento che l’art. 545, 5° co., fissa espressamente tale limite di intangibilità della retribuzione in caso di simultaneo concorso delle cause di credito indicate dai commi precedenti.

 In giurisprudenza, si è ribadito che le somme dovute da privati a titolo di stipendio, salario ed altre indennità inerenti al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a cagione di licenziamento – in quanto la natura di tali crediti, che ne giustifica la limitata pignorabilità, non viene meno al momento della cessazione del rapporto di lavoro ( C. 5378/1991) – possono essere pignorate nella misura di un quinto per crediti di qualunque genere ( C. 9950/2004;  C. 4887/1986). Si assoggettano alla disciplina anche le pensioni, che dunque possono costituire oggetto di pignoramento nella misura del quinto ( A. Roma, 10.9.2009).

Nello stesso senso, sempre la giurisprudenza di merito ha avuto modo di riconoscere che il regime di pignorabilità del credito da mantenimento derivante da separazione personale dei coniugi non può che modellarsi sulla previsione del primo comma dell’art. 545 poiché si tratta di un credito normalmente impignorabile ( T. Nocera Inferiore 15.12.2011).

Il D.L. 27.6.2015, n. 83 introduce i commi da 7 a 10 in virtù dei quali era previsto che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. Adesso con il decreto legge 115/2022 (decreto aiuti bis) tale limite è stato innalzato al doppio dell’assegno sociale, con l’importo minimo di 1.000 Euro.

La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal 3°, 4° e 5° co. nonché dalle speciali disposizioni di legge.

Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal 3°, 4°, 5° e 7° co., nonché dalle speciali disposizioni di legge.

 Anche recentemente la Corte costituzionale ha ribadito che non esiste un’impignorabilità assoluta di salari e stipendi per la parte che serve a garantire al lavoratore i mezzi indispensabili alle sue esigenze di vita: rimane quindi confermata la pignorabilità, pure con i limiti – oggi aggiornati dalla recente riforma – di tali somme (cfr.  C. Cost. 3.12.2015, n. 248).

Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace.

L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

Le nuove disposizioni si applicano esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore.

Filippo Pasqualetti



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