Il sistema di allerta della crisi: obblighi organizzativi e obblighi di segnalazione

Nei precedenti articoli avevamo esaminato l’obbligo per l’imprenditore di organizzarsi in modo tale da essere in grado di rilevare tempestivamente la crisi e di assumere delle adeguate iniziative.

L’art. 3, CCII, al comma 3 si preoccupa di mappare i criteri tali per cui l’assetto aziendale può o meno ritenersi adeguato. In particolare, la norma prevede che l’imprenditore debba adottare un modello organizzativo, secondo quanto richiesto dall’art. 2086 c.c., in grado di:

a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attivita’ imprenditoriale svolta dal debitore; (analisi storico di bilancio)

b) verificare la sostenibilita’ dei debiti e le prospettive di continuita’ aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4; (business plan e budget di tesoreria. Sostenibilità del debito)

c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilita’ del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2”.

Si tratta di suggerimenti tutt’altro che astratti, che rinviano a veri e propri indici oggettivi che, avuto riguardo alle caratteristiche e alla dimensione dell’impresa, l’imprenditore può seguire per poter congegnare il proprio modello organizzativo.

Il monitoraggio dei segnali rivelatori della crisi poggia su un giudizio ex ante in merito alla salute dell’impresa, legata alla necessità di presidiare indici previsionali e prospettici.

Ma come si valuta se un’impresa è o meno in crisi?

Nella prima versione del Codice si individuava nel Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, l’ente preposto a delineare gli indicatori e gli indici al verificarsi dei quali l’impresa si poteva considerare in uno stato di crisi. E il CNDCEC aveva ritenuto indici che fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa, i seguenti:

i. patrimonio netto negativo;

ii. DSCR a sei mesi inferiore a 1.

iii. qualora non sia disponibile il DSCR, superamento congiunto delle soglie per i seguenti cinque indici:

a. indice di sostenibilità degli oneri finanziari in termini di rapporto tra gli oneri finanziari ed il fatturato;

b. indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;

c. indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;

d. indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;

e. indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

Si trattava di una previsione introdotta con lo scopo di limitare il più possibile interpretazioni “soggettive” e fornire all’imprenditore e all’organo di controllo criteri quanto più oggettivi, così da poter intraprendere le necessarie e idonee contromisure. Tuttavia la previsione non ha trovato spazio nel testo definitivo del Codice.

Comunque pur venendo meno gli indicatori della crisi, l’organo amministrativo si deve dotare di un cruscotto di indicatori da monitorare con continuità al fine di individuare la presenza o meno di eventuali forme di squilibrio (art. 3, comma 3, lett. a); per verificare la sostenibilità dei debiti e la continuità aziendale in un orizzonte di almeno 12 mesi (art. 3 comma 3, lett. b) è necessario dotarsi di un cash-flow o di determinare il DSCR (Debt Service Cover Ratio). 

Pur non essendo codificati dalla norma è possibile attingere ai più comuni indicatori utilizzati in sede di analisi di bilancio: – presenza di patrimonio netto negativo; indice di indipendenza finanziaria (PN/totale passivo). E pur essendo venuti meno gli indicatori della crisi proposti dal CNDCEC possono essere utilizzati come traccia: – indici di settore; indici di sostenibilità degli oneri finanziari (O.F. / fatturato); indice di adeguatezza patrimoniale (PN rettificato al netto di crediti vs soci / Debiti totali); indice di ritorno liquido dell’attivo; – indice di liquidità; – indice di indebitamento previdenziale e tributario.

Occorrerà poi dotarsi di indici che siano in grado di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi: – PFN/MOL (numero degli anni necessario al rimborso dei debiti finanziari); – debiti finanziari / EBITDA; – DSCR (Debt Service Cover Ratio).

Il DSCR consiste nell’analisi dei flussi di cassa liberi, stimati nei 12 messi successivi dal momento di osservazione, disponibili per rimborsare i debiti finanziari in scadenza nel medesimo periodo. Si esprime come rapporto tra “free cash flow” e “debiti in scadenza”:

Se < 1 il rischio per l’impresa è di non disporre della liquidità necessaria per assolvere i propri debiti a scadenza;

Se > 1 conferma il mantenimento della continuità aziendale e si riducono i pericoli di una crisi d’impresa.

Il Codice della Crisi ha codificato alcuni segnali di squilibrio patrimoniale, economico e finanziario. Costituiscono infatti segnali di allarme quelli richiamati all’art. 3, comma 3, CCII, ovvero:

“a) l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la meta’ dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;

b) l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;

c) l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da piu’ di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purche’ rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni;

d) l’esistenza di una o piu’ delle esposizioni debitorie previste dall’articolo 25-novies, comma 1. (ovvero nei confronti dei creditori pubblici qualificati e cioè INPS, INAIL, AdE).

Per inciso da segnalare, sempre in merito alle modifiche apportate al c.c. relative agli assetti organizzativi adeguati e funzionali alla tempestiva emersione della crisi, l’estensione della platea delle imprese obbligate a dotarsi di organo di controllo o di revisore dei conti (l’art. 379 CCII ha modificato i commi 2, 3 e 5 dell’art. 2477 c.c. che oggi prevedono che “la nomina dell’organo di controllo o del revisore è obbligatoria se la società: a) è tenuta alla redazione del bilancio consolidato; b) controlla una società obbligata alla revisione legale dei conti; c) ha superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 4 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 4 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità”. L’obbligo cessa quando per tre esercizi consecutivi non risulta superato alcuno dei suddetti limiti.

SEGNALAZIONI INTERNE ED ESTERNE. I primi soggetti preposti al monitoraggio di eventuali segnali di crisi sono gli organi di controllo interni all’impresa (ovvero il collegio sindacale e il revisore dei conti o la società di revisione) che quindi dovranno segnalare agli amministratori i quali sono chiamati a riferire, entro un termine non superiore a 30 giorni, in merito alle iniziative che si è adottato per porre tempestivo rimedio agli squilibri (cfr. art. 25-octies CCII).

Il secondo livello di controllo è affidato ai creditori pubblici qualificati, esterni all’impresa, ovvero l’INPS, L’Agenzia delle Entrate, l’Agenzia della riscossione i quali segnaleranno all’imprenditore e ove esistente all’organo di controllo il superamento di determinate soglie (cfr. art. 25-novies CCII): – a) per INPS: ritardo di oltre 90 gg. nel versamento di contributi previdenziali di ammontare superiore 1) per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di euro 15.000; 2) per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati, all’importo di euro 5.000; – b) per l’INAIL: l’esistenza di un debito per premi assicurativi scaduto da oltre 90 gg e non versato superiore all’importo di euro 5.000; c) per l’AdE: l’esistenza di un debito scaduto e non versato relativo all’IVA, risultante dalla comunicazione dei dati delle liquidazioni periodiche di importo superiore a euro 5.000 e, comunque, non inferiore al 10 per cento dell’ammontare del volume d’affari risultante dalla dichiarazione relativa all’anno d’imposta precedente; la segnalazione viene in ogni caso inviata se il debito e’ superiore all’importo di euro 20.000; – d) per l’Agenzia delle entrate-Riscossione: l’esistenza di crediti affidati per la riscossione, autodichiarati o definitivamente accertati e scaduti da oltre 90 gg, superiori, per le imprese individuali, all’importo di euro 100.000, per le societa’ di persone, all’importo di euro 200.000 e, per le altre societa’, all’importo di euro 500.000.

È previsto un obbligo di segnalazione agli organi di controllo, anche per le banche e per gli intermediari finanziari di cui all’art. 106 T.U.B. in caso di variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti (cfr. art. 25-decies CCII).

* * *

Il costante monitoraggio dell’impresa è necessario per verificare se si tratta di una situazione congiunturale oppure se sia segnale di una crisi strutturale che necessiti di un intervento più radicale e quindi per assumere idonee iniziative.

Ai primi segnali della crisi, o meglio “in caso di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza” ma quando “risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa” si può ricorrere al nuovo istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa (art. 12 CCII) già esaminato nei precedenti articoli.


Francesca Scappini



Hai bisogno di una Consulenza Legale?

Compila il Form e prendi un appuntamento con un nostro professionista
Please install and activate the "Contact form 7" plugin to show the contact form.